Lei lo sa che il rame a batterlo si incrudisce…
Lo sapevo sì: così parlando è venuto fuori che anch’io pur
non avendo mai battuto la lastra, avevo col rame una
lunga dimestichezza, trapunta di amore e di odio, di
battaglie silenziose ed accanite, di entusiasmi e stanchezze,
di vittorie e sconfitte, e fertile di sempre più affinata
conoscenza come avviene con le persone con cui si convive
a lungo e di cui si prevedono le parole e le mosse.
La conoscevo sì, la cedevolezza femminea del rame, metallo
degli specchi, metallo di Venere; conoscevo il suo splendore
caldo e il suo sapore malsano, il morbido verde-celeste dei
suoi ossidi e l’azzurro vitreo dei suoi sali.
Conoscevo bene, con le mani, l’incrudimento del rame,
e quando l’ho detto a Faussone ci siamo sentiti un po’
parenti: se maltrattato, cioè battuto, stirato, piegato,
compresso, il rame fa come noi, i suoi cristalli s’ingrossano
e diventa duro, crudo, ostile.
da “La Chiave a stella” di Primo Levi